Italia 1866 by Hubert Heyriès

Italia 1866 by Hubert Heyriès

autore:Hubert, Heyriès [Heyriès, Hubert]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Storia, Biblioteca storica
ISBN: 9788815328977
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2016-09-14T22:00:00+00:00


2.3. Le carenze del comando

Il comando, peraltro, non funzionò come avrebbe dovuto. I generali e i colonnelli erano privi di capo di Stato Maggiore e di scrivani per redigere gli ordini e gestire l’amministrazione del reggimento o della brigata[78]. Durante le operazioni mancò spesso una piena consapevolezza della situazione. Il colonnello Giovanni Cadolini non comprese gli ordini che gli erano stati trasmessi e si perse fra le montagne col suo reggimento per una settimana. Gli ordini di Garibaldi di comportarsi come le «aquile, cioè tenersi sempre in cima ai monti», rimanevano regolarmente disattesi perché era ben più facile passare dal fondovalle[79]. Durante il combattimento di Cimega il generale Giovanni Nicotera tralasciò di sorvegliare le alture circostanti: i cacciatori tirolesi vi presero allora posizione e, tirando sul 6o reggimento ammassato più in basso e costringendolo a percorrere il pendio sotto il fuoco nemico, inflissero pesanti perdite[80]. Quanto al generale Giuseppe Avezzana, dimenticò di far scortare il trasportatore italiano Benaco dalle cannoniere italiane, inutilizzate dall’inizio della guerra. Richiesto di spiegazione, confessò innocentemente a Garibaldi: «Non volli che lo avessero scortato per non provocare inopportunamente il nemico»[81].

In altri contesti, furono lanciate cariche talvolta assurde e sanguinose, come quella del maggiore Nicostrato Castellini a Vezza: «crede di aver a che fare coi Borbone di Sicilia. […] Si capisce che non gli manca l’ardimento, ma bensì la esperienza e quella tattica speciale con cui si fa la guerra nelle montagne», criticava Angelo Umiltà[82], mentre il colonnello Cadolini riteneva che avesse mandato al massacro i suoi bersaglieri volontari, lungi dall’essere addestrati come i bersaglieri dell’esercito regolare[83]. Anche il generale Ernst Haug, scavalcando gli ordini di Garibaldi, inviò il 21 luglio un intero battaglione in ricognizione (quello del maggiore Martinelli) a gettarsi fra le braccia degli austriaci. Garibaldi stesso ordinò l’assalto a uomini esausti, mal nutriti e male armati, come riconobbe nelle proprie Memorie, raccontando la sanguinosa battaglia di monte Suello: «Contando sull’effetto di un brusco, inaspettato attacco, e sopratutto sull’entusiasmo d’uomini che avea veduto superare ostacoli ben maggiori, mi decisi alla pugna»[84]. E non aveva previsto l’attacco degli austriaci a Bezzecca.

Nemmeno la catena di comando funzionava come avrebbe dovuto. Menotti Garibaldi effettuava «dei movimenti totalmente all’insaputa» del suo generale di brigata, il quale in tal modo non poteva eseguire gli ordini dati da Garibaldi[85]. Il generale Vincenzo Giordano Orsini, della 3a brigata, venne a conoscenza degli ordini di Garibaldi (inviati la settimana precedente) solo perché aveva incontrato «per azzardo» il maggiore Labio, dello Stato Maggiore, che glieli trasmise[86]. Il colonnello Giovanni Cadolini, dal canto suo, ricevette solo il 26 giugno i telegrammi di Garibaldi datati 24 giugno, che gli ordinavano di spostarsi a Salò e a Desenzano, mentre il suo reggimento si trovava sulla strada per Edolo e la Val Camonica nella direzione opposta[87].

Il comando non diede inoltre nessuna disposizione per adattare le uniformi alle condizioni del combattimento. L’uniforme grigia dei bersaglieri li proteggeva, ma ricordava il colore delle uniformi «cenere» o «bigie» dei cacciatori tirolesi: nella concitazione della battaglia le camicie rosse li puntarono spesso per bersaglio e ne uccisero alcuni sul monto Suello[88].



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